Significato culturale e storico nel Giappone - Setsu Bun dodicesimo mese



In questo post trattiamo il significato culturale, storico e filosofico del lavoro di ricerca che svolgiamo nel dojo NITEN ICHI RYU di spada, del Qi Gong scuola “Le Quattro Direzioni”

Oltre all’attenzione verso la tecnica (il movimento), ci tengo sempre ad approfondire la visione culturale e storica degli eventi, che ho potuto a mia volta esplorare nel corso dell’esperienza nell’ambito delle discipline giapponesi. Completare la pratica con una più approfondita conoscenza generale facilita il superamento delle varie fasi di apprendimento che l’arte impone, guidando la crescita personale del praticante.

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Quando l’inverno si trasforma in primavera: Setsu Bun dodicesimo mese

Dicembre in Giappone è il mese più indaffarato dell’anno, e verso la fine del mese si fanno imponenti preparativi per l’avvicinarsi del nuovo anno. le case vengono ripulite, la fuliggine eliminata, e la polvere buttata via dai tatami che ricoprono i pavimenti. Si tengono mercati in cui si vendono pini, corde di paglia, arance amare e altre cose necessarie per il giorno di Capodanno, insieme alle più svariate qualità di merce. Il riso cotto a vapore viene pestato a lungo e con forza in grandi mortai di legno, con lunghi pestelli, come si vede nel disegno, e quando il riso è ridotto allo stato glutinoso necessario, gli viene data forma di panetti rotondi di varia dimensione, chiamati mochi.

Si fanno regali ad amici e parenti: spesso sono doni di pesce salato, anatre selvatiche, scatole o sacchetti di zucchero e vassoi di arance.

 

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Prima della Restaurazione, si mandava alle famiglie in cui c’era un bimbo maschio un vassoio con due archi ornamentali con frecce, e una racchetta e il volano se era una femmina. Era anche usanza da parte dei mendicanti di andare ballando di casa in casa cantando: “seki zoro, seki zoro, hoho, hoho” ecc.

A mano a mano che l’ultimo giorno dell’anno si avvicina, i commercianti si danno da fare per riscuotere i crediti non pagati e far quadrare i conti, in modo da cominciare in attivo il primo di gennaio. Il 31 dicembrei negozianti, che hanno esposto nel miglior modo possibile le loro merci, illuminano sfarzosamente le loro botteghe e si preparano a vegliare tutta la notte. Nella tarda serata vengono gettati piselli secchi nelle abitazioni al grido di:

Fuku wa uchi
Oni wa soto
che può tradursi con:
Dentro Pluto*
Fuori Plutone!

* Pluto è il dio della ricchezza, Plutone il dio dell’aldilà.

Volendo con questa frase esprimere il desiderio che il dio dell’abbondanza entri nella casa e gli spiriti maligni ne escano.
Prima della Restaurazione, l’inverno era la stagione preferita per i matrimoni, ma le cerimonie nuziali si tengono oggi in tutte le stagioni dell’anno, e nelle classi medie e basse c’è stato un rilassamento per quanto riguarda i rituali che dovrebbero essere osservati. 

I matrimoni sono combinati da una coppia sposata detta nakodo, che agisce da intermediario fra le due famiglie, ed è necessario il consenso dei fratelli adulti della donna così come quello dei suoi genitori. Il fidanzamento è reso pubblico da un dono del pretendente, chiamato yuino, normalmente costituito da un’ampia e costosa fascia di seta obi, un taglio di seta con la quale poter fare un abito, alcuni pesci considerati eccellenti della specie chiamata tai (serranus marginalis) e del sake (acquavite di riso).

Il giorno prima delle nozze, o il giorno stesso, un cassettone, un lungo baule per contenere abiti e utensili domestici di vario genere, è mandato dalla casa della sposa a quella della famiglia in cui ella sta per entrare, a meno che il suo futuro sposo sia un figlio che a lasciato il domicilio paterno e abbia una abitazione indipendente. Insieme a queste masserizie, si inviano doni per la famiglia dello sposo e la sua servitù.

La stampa rappresenta un matrimonio dell’epoca antecedente la Restaurazione (1868), in cui lo sposo indossa un abito chiamato kamishimo (sopra e sotto), che a ora lasciato il posto all’haori e all’hakama, gli abiti indossati in tutte le occasioni speciali. All’ora fissata, la sera tardi, lo sposo, con incedere solenne, prende il posto di fronte al toko, una nicchia ornamentale sollevata di alcuni pollici dal suolo, situata nella camera principale dell’abitazione dei genitori. In questa stanza si trova un ripiano (shimadai), recante rami di bambù, pruno e pino, statuine di un vecchio e una vecchia, di una gru e d’una tartaruga, simboli di virtù felicità e lunga vita.

In occasione delle nozze d’argento dell’Imperatore e dell’Imperatrice, il 9 marzo 1894, un gran numero di statuine d’argento raffiguranti una gru e due tartarughe vennero regalate come ricordo agli ospiti che hanno avuto l’onore di essere invitati al ricevimento offerto dalle Loro Maestà. La sposa vestita con un abito di seta bianco e manica ampia e ricadente con un velo di seta sul capo, è introdotta da due accompagnatrici, chiamate machijoro, che si vedono sedute a destra, nella stampa. Accanto alla sposa si trova la sua unica damigella d’onore (kishimoto o tsure onna), e all’altro fianco è seduta la sua intermediaria.

Un ragazzo e una ragazza, in primo piano, hanno il compito di versare il sake. Quando tutti hanno preso posto, con aria solenne, il silenzio viene rotto dal suono di voci provenienti da una camera adiacente, che intonano una canzone (utai). Un piccolo vassoio bianco di legno, recante tre piccole tazze poste una sopra l’altra, viene ora offerto alla sposa e, uno dei ragazzi, versa nella prima tazza un pò di sake da un vaso decorato con farfalle di carta. Dopo che la sposa ne ha bevuto un piccolo sorso, il vassoio viene offerto allo sposo, che beve a sua volta.

La stessa cosa viene fatta con la seconda e la terza tazza. Questa parte della cerimonia, che si svolge in un solenne silenzio, è detta san san kudo. La sposa e lo sposo ora si ritirano, la prima in uno spogliatoio, dal quale riappare in vesti colorate e senza il velo sul capo. Ha quindi luogo un ricevimento per parenti e amici, nella stessa stanza in cui si è svolta la cerimonia, ed in questa parte della festa si suona il samosen e si danza. Nelle nozze giapponesi non vi sono riti religiosi, ma la cerimonia stessa è considerata uno dei riti più importanti e il matrimonio deve essere regolarmente registrato.

Le canzoni nuziali di solito recitano così:

Shikai nami shikuka nite,
Kuni mo osamaru tokitsukaze,
Yeda mo narasanu miyo nareya,
Ai ni aioi no matsu koso medetakere.

Il tutto può essere liberamente tradotto:

I quattro oceani, che circondano
le nostre spiagge,
sono colmi, e questa è la nostra terra:
non si piegano i rami, non soffia brezza;
questi pini ora piantati cresceranno
nella benedizione.

 

da Setsu Bun dodicesimo mese
Quando l’inverno si trasforma in primavera (anno 1909)
L’Angolo Manzoni Editrice

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